Artistic Mosaic | Metodo Cassio
15465
page,page-id-15465,page-template-default,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,qode-title-hidden,side_area_uncovered_from_content,qode-theme-ver-9.2,wpb-js-composer js-comp-ver-4.11.2.1,vc_responsive

Come nasce il metodo Cassio

Antonio Cassio nasce come mosaicista; già in giovane età aiuta il padre Lorenzo alla realizzazione di opere per committenze provenienti da ogni parte del mondo. I criteri di formazione sono quelli che ogni buona bottega artigiana impartisce ai propri allievi: prima si comincia con le realizzazioni più semplici (fondi, panneggi, etc.) poi man mano si arriva alla realizzazione degli incarnati, fino ai ritratti più realistici.  Anche i materiali e le tecniche di realizzazione utilizzate sono tutte quelle che in quel periodo erano maggiormente impiegate ovvero il tagliato in marmo o smalto per la realizzazione delle grandi decorazioni e il filato di smalti per la realizzazione di opere più piccole ma molto più preziose.

L’occasione di eseguire per la prima volta un restauro, ad Antonio Cassio  fu offerta nel 1957 dallo scultore Venturini al quale il Prof. Ceschi, allora soprintendente  alla soprintendenza archeologica del Lazio, affidò il lavoro di sistemazione del pavimento a mosaico adiacente alla palestra ovest delle terme di Caracalla.

Terme di Caracalla (1970) distaccoOccorre considerare che a quell’epoca per tutti i pavimenti musivi delle terme di Caracalla non erano mai stati eseguiti interventi conservativi e che l’aspetto delle superfici appariva molto degradato a causa del crollo dei solai dei piani superiori che impattando sulle superfici pavimentali avevano provocato profondi avvallamenti, spaccature del tessuto musivo e ampie zone di materiale mancante.

Per quanto riguarda il pavimento in oggetto e in generale per molti dei pavimenti musivi di Caracalla, i dislivelli della superficie musiva erano tali da superare i due metri di profondità, andando così a comprimere anche l’impianto fognario sottostante e creando vere e proprie piscine nei periodi di pioggia. Il lavoro che si prospettava era quello di distaccare lo strato musivo e ripristinare per tutta la stanza gli strati di sottofondo compreso l’impianto di smaltimento delle acque.

L’approccio che Antonio Cassio riservò a questo tipo d’intervento non fu di quelli utilizzati fino  ad allora per il distacco dei mosaici (rulli e macchinari da governare in molte persone) in quanto troppo elaborati, costosi e dannosi per l’integrità musiva (distacco di grandi pannelli con perdita di materiale lungo i bordi e nella parte interna) argomento questo importante per A. C. in quanto mosaicista. E’ a questo punto che egli mette a frutto, come se fosse un processo all’inverso, tutta l’esperienza dei mosaici creati presso lo studio del padre con la metodologia indiretta, ovvero decorazioni a mosaico grandi anche centinaia di metri realizzate a rovescio su piccole sezioni di carta da spolvero, ritagliate dai cartoni a grandezza naturale e a fine lavorazione ricomposte su malta in modo da ricostituire l’intera opera.

Con questa nuova metodologia Antonio Cassio ricopre la superficie musiva con un unico strato di velatino del tipo calicò, disteso sul mosaico e con riporti nei punti di giuntura fra un telo e l’altro (vedi figura in alto). Le nuove caratteristiche sono:

– La trasparenza, così da permettere il taglio delle sezioni esattamente fra gli spazi delle tessere. Cosa che non avveniva prima in quanto si utilizzava esclusivamente tela di sacco (molto pesante) incollata con colla animale.

– La colla di pasta, fatta esclusivamente con cottura a bagnomaria di acqua e farina alla quale veniva aggiunto a fine lavorazione un quantitativo di colla animale (successivamente sostituito dal vinavil). Al contrario della colla di coniglio fino ad allora utilizzata, la colla di pasta conferiva una maggiore elasticità alla tela, una maggiore trasparenza, un odore molto meno fastidioso e non doveva essere riscaldata al momento dell’utilizzo.

– La reversibilità. Anche se molto tenace durante il distacco, per la rimozione del velatino applicato con colla di pasta è infatti sufficiente inumidirne la superficie con semplice acqua.

Certamente sia la scelta dei materiali come quella del calicò o della messa a punto del collante da utilizzare con la giusta dose di ingredienti tra cui le varie aggiunte di melassa o trementina, non sono arrivate subito, ma l’ingegno e la rapida esperienza sul campo hanno fatto si che Antonio Cassio riuscisse a distaccare come prima esperienza un mosaico di circa 600 mq.

E’ con questa metodologia che Antonio prosegue con i restauri dei mosaici nella Cripta dell’Abbazzia di Montecassino (550 mq.) insieme alla cooperativa Monticelli e dei mosaici della palestra occidentale delle terme di Caracalla (c.a. 200 mq.) affidati dall’impresa dell’ing G. Dell’Aquila e successivamente a partire dal 1974 insieme al fratello Fabrizio con restauri presso numerose soprintendenze a Roma (Palatino Foro Romano, sop. del lazio, X rip. comune d Roma Ville e Giardini, Musei Capitolini) e in molte altre sedi in tutta Italia (sop. di Potenza, sop. di Perugia, sop. di Napoli e Pompei). Numerose sono state le situazioni dove era necessario eseguire un distacco, sia per motivi di scarsa adesione delle malte originarie, che per il particolare dissesto degli stessi piani di sottofondo. In seguito al distacco, i mosaici potevano essere reinseriti nel sito originario o nel caso di inadeguatezza del sito archeologico stesso, trasportati in museo.

Attualmente, è ormai affermata e condivisa, la prassi metodologica secondo la quale il sito archeologico debba mantenere l’aspetto originario al ritrovamento e tutti gli interventi di restauro vadano indirizzati al solo consolidamento dei singoli manufatti. Lasciare inserite nel proprio contesto architettonico, le opere che antiche popolazioni ci hanno tramandato, è senz’altro la situazione migliore per rimanere coinvolti dalla loro bellezza. Ma purtroppo non è sempre stato così; in passato infatti era uso comune prelevare e trasferire presso i musei più vicini o più importanti, reperti provenienti dai siti archeologici, tra questi non erano certo escluse anche le opere musive che venivano trasferite utilizzando supporti autoportanti. Di questi supporti ne sono stati utilizzati molti tipi, dalla lastra di marmo in peperino al pannello in cemento armato, tramite i quali un grande pavimento in mosaico distaccato a grandi sezioni, poteva essere applicato sui suddetti supporti e ricomposto accostando i pesanti pannelli tra loro, ricucendoli poi uno all’altro con le file di tessere  precedentemente rimosse durante la fase di distacco (cuciture).

Nel 1982, presso l’Istituto Centrale del Restauro, Antonio Cassio utilizza pannelli in aerolam prodotti dalla Ciba Geigy, usati fino ad allora in campo aeronautico.  La metodolologia innovativa che A. C. mette a punto permette la composizione di più pannelli di dimensioni minori al mq. quindi estremamente maneggevoli e con un peso inferiore ai 30 kg.  Il sistema di distacco usato da A. C. che prevede il taglio delle singole sezioni esattamente tra le fughe, permette anche il taglio del nuovo supporto in aerolam seguendo con precisione la sagoma dei bordi delle stesse sezioni e quindi il perfetto accostamento dei pannelli con la conseguente mimetizzazione delle linee di giuntura.

Un’altra innovazione che Antonio e Fabrizio misero a punto presso lo studio Cassio, fu il restauro al dritto di un’opera montata su supporto provvisorio di argilla. Anche questa idea nasce dall’esperienza fatta da ragazzi presso lo studio del Vaticano, dove nella realizzazione di particolari opere musive, si utilizzava un supporto provvisorio molto particolare sul quale inserire al dritto le tessere. Questo particolare supporto era chiamato stucco nero, un impasto composto da stucco da vetraio, cemento, polvere di mattone, polvere di marmo e olio di recupero. I fratelli Cassio in breve capirono che questa procedura applicata nel restauro permetteva particolari ricostruzioni mimetiche. Cuciture tra mosaici a blocchi liberati dal cemento, ampie ricostruzioni di motivi figurati o geometrici eseguiti in sottolivello e molte altre applicazioni erano così possibili utilizzando come supporto provvisorio l’argilla rossa al posto dello stucco nero, innovazione questa acquisita successivamente anche dallo studio del mosaico del Vaticano.